![](http://www.villaromaine-torracciadichiusi.be/wp-content/uploads/2017/12/IMG_8004-300x190.jpg)
Una parte dei reperti vitrei della villa di Aiano-Torraccia di Chiusi consiste in oggetti di uso domestico come bicchieri e calici, ottenuti con la tecnica della soffiatura: si insufflava aria con un tubo di ferro, detto “ canna”, in una una porzione di vetro fuso fino a ottenere una forma di base cava delle dimensioni desiderate. Elementi come il piede per i calici erano invece realizzati utilizzando masse vetrose più piccole saldate successivamente al corpo centrale.
![](http://www.villaromaine-torracciadichiusi.be/wp-content/uploads/2017/12/piede-262x300.jpg)
In quantità più consistente troviamo elementi riconducibili a frammenti di decorazioni che dovevano abbellire le pareti interne della villa nella sue diverse fasi di vita (IV-V sec. d.C.), come tessere musive e sectilia, sottili lastre di vetro sia monocrome che policrome, che dovevano imitare le tarsie parietali in marmo: venivano realizzati tramite la colatura del vetro fuso su una superficie piana, ottenendo una lastra che veniva tagliata a seconda delle necessità d’impiego dopo un lento raffreddamento. Sono stati ritrovati anche alcuni frammenti di vetro da finestra.
![](http://www.villaromaine-torracciadichiusi.be/wp-content/uploads/2017/12/tessere-300x225.jpg)
Gli artigiani installatisi nelle strutture di abbandono della villa intorno al VI secolo d. C. avevano riorganizzato gli ambienti in zone produttive nelle quali è possibile ricostruire l a catena operativa del vetro: si partiva dall’accumulo localizzato dei frammenti delle decorazioni parietali e delle suppellettili da mensa per poi passare alla rifusione in una fornace ( presso la quale sono anche stati ritrovati alcuni scarti di lavorazione), per avere nuovo vetro fuso dalla cui colatura si otteneva dei vaghi di collana.
![](http://www.villaromaine-torracciadichiusi.be/wp-content/uploads/2017/12/scarti-217x300.jpg)
L’uso di riciclare il vetro era pratica già nota fin dalla prima età imperiale: degli addetti giravano per le strade per raccogliere i vetri rotti da destinare alle officine vetrarie. Lo studio di questi reperti ci parla quindi dei vari momenti di vita di questa villa, prima abitazione privata e poi zona produttiva in seguito all’abbandono da parte di chi vi abitava: i sectilia in particolare sono la testimonianza della varietà e della ricchezza della decorazioni che abbellivano la villa, della disponibilità economica del suo proprietario e del livello tecnico di coloro che erano stati incaricati di realizzarle. I vetri da mensa ci parlano invece della semplicità della vita quotidiana.
Se un fenomeno caratteristico dell’epoca Tardoantica e Alto Medievale come lo spoglio e il reimpiego dei materiali architettonici e decorativi ha determinato il colpo di grazia per il degrado strutturale della villa, è stato anche l’impulso primo per una nuova e diversa fase di frequentazione di questi spazi legata all’attività artigianale, che non è da escludere fosse coinvolta in ampio circuito di scambi commerciali lungo la Val d’Elsa.
Federica Salvucci (archeologa, Università di Firenze)